giovedì 11 dicembre 2014

L'avvenire ė ormai passato: due brani di Tenco

L'illusione di poter cambiare. Il "vedrai vedrai" ripetuto a se stessi e agli altri, in un ondivago percorso di speranza e disperazione, di cura e di abbandono, di anestetico sonno e di snervante veglia. L'illusione di evadere finalmente da se stessi per approdare liberati dentro nuovi panni, nuova vita. E invece, sempre, il grigio dell'inutile passare dei giorni.

Non c'è nessuna speranza, nei due brani cantati da Luigi Tenco, nessuna chance,  nessuna possibilità ci è data. E ancora più tragica è la visione che emerge da Un giorno dopo l'altro, la cui versione cantata in lingua francese fu straordinaria sigla del Maigret televisivo con Gino Cervi. Mentre in "Vedrai Vedrai" la disperazione è legata a una contigenza, a un fallimento qualsiasi che segna il rapporto di coppia, in "Un giorno dopo l'altro" la posizione è radicale: i sogni sono rimasti sogni, e l'avvenire è ormai quasi passato. 

Non c'entrano il successo, il denaro,  i viaggi, gli affetti.
Qui è la vita stessa a essere messa accusa e l'impossibilità del futuro. La linea che va dal presente al futuro non è altro che la linea che parte dalla vita e termina con la morte, non c'è nessuna evoluzione, dunque, non c'è nessun futuro, bensì solo un "presente protratto" la cui fine è nota sin dal primo istante del suo diventare, appunto, tempo presente.

Un giorno dopo l'altro
Un giorno dopo l'altro
il tempo se ne va
le strade sempre uguali,
le stesse case.
Un giorno dopo l'altro
e tutto e' come prima
un passo dopo l'altro,
la stessa vita.
E gli occhi intorno cercano
quell'avvenire che avevano sognato
ma i sogni sono ancora sogni
e l'avvenire e' ormai quasi passato.
Un giorno dopo l'altro
la vita se ne va
domani sarà un giorno uguale a ieri.
La nave ha già lasciato il porto
e dalla riva sembra un punto lontano
qualcuno anche questa sera
torna deluso a casa piano piano.
Un giorno dopo l'altro
la vita se ne va
e la speranza ormai e' un'abitudine.

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